Un giovane 33enne del Bangladesh – Siful – ha raccontato la storia di come è riuscito a salvarsi dal naufragio dei giorni scorsi.
Uno dei superstiti del naufragio in Libia ha raccontato la sua drammatica storia, spiegando in quale modo è riuscito a salvarsi dalla tragedia. Si tratta di Siful, un giovane uomo di 33 anni proveniente dal Bangladesh. È il più grande di tre fratelli, ed è una delle 17 persone che sono riuscite a salarsi durante il naufragio avvenuto qualche giorno fa, il 12 marzo, nei pressi delle coste della Libia.
Si tratta dell’ennesima vicenda di naufragio di un’imbarcazione adibita al trasporto dei migranti. Il giovane Siful è riuscito a salvarsi aggrappato alla barca. La sua richiesta: “Fate sapere alla mia famiglia che sono vivo”. La sua storia è commovente: “Io ce l’ho fatta, mentre tanti altri miei compagni di viaggio sono annegati davanti ai miei occhi…”.
Il giovane uomo è sbarcato ieri sera, a Pozzallo. Lui, insieme ad altre 17 persone, è riuscito a salvarsi grazie all’intervento del mercantile “Froland” che è giunto in soccorso dei migranti. Nel tentativo di salvarsi ha anche riportato una frattura alla gamba destra, procuratasi mentre cercava di arrampicarsi sulla barca dopo che questa si è ribaltata.
Il racconto del superstite
Attualmente Siful si trova ricoverato presso l’ospedale “Maggiore-Baglieri” di Modica. Il quotidiano Ansa ha riportato la commovente storia raccontata dal 33enne. “Eravamo in 47, tutti uomini, su una vecchia barca di 8 metri – dice tra le lacrime – che non poteva ospitare tutti. Dopo qualche ora che ci siamo allontanati dalle coste libiche – prosegue – il mare era sempre più agitato. Alcuni volevano ritornare indietro. Eravamo stipati uno addosso all’altro, faceva molto freddo e le onde mi facevano venire la nausea. Il freddo era insopportabile. Quando i trafficanti ci hanno fatto salire avevano detto che a bordo ci sarebbero stati acqua e cibo, ma non era vero”.
Nel giro di pochi istanti la tragedia: la barca si è ribaltata con tutte le persone a bordo. “Tutti urlavano e chiedevano aiuto, io mi sono aggrappato al relitto con la forza della disperazione, ma molti non sapevamo nuotare e li ho visti scomparire tra le onde. Cercavamo di incoraggiarci, qualcuno verrà a salvarci, abbiamo dato l’allarme per telefono. Poi è arrivata la nave”.